I parchi letterari del 900
A cura di Stanislao Nievo. Cofinanziamento FESR Fondo Europeo Sviluppo Regionale
Edizione Ricciardi & Associati
LE ABITAZIONI DAGLI OCCHI GRANDI
Medico, pittore, scrittore, amante della natura ma specialmente attento indagatore dell’animo umano, delle miserie e della povertà di quella parte oscura dell’Italia rimasta per millenni sepolta sotto il peso dell’ingiustizia e dell’indifferenza politica.
Nato a Torino nel 1902, diede vita alle prime organizzazioni clandestine e partecipò alla fondazione di Giustizia e Libertà; venne più volte carcerato finché nel 1935 “siccome pericoloso per l’ordine nazionale per aver svolto…attività politica tale da recare nocumento agli interessi nazionali…”venne confinato in Lucania e precisamente ad Aliano, un piccolo paese in provincia di Matera inaccessibile a quel tempo, a causa della mancanza di vie di comunicazione.
Il confino in Aliano pose Levi in contatto con una realtà meridionale a lui del tutto sconosciuta e dalla quale rimase profondamente colpito. L’esperienza trascorsa in quel breve periodo determinò una svolta fondamentale nella sua vita come Egli stesso scrisse nella lettera posta a prefazione della seconda edizione del suo romanzo più celebre: Cristo si è fermato a Eboli “.”…Cristo si è davvero fermato a Ebooli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania”.
E’ l’Italia dei contadini del mezzogiorno, di una popolazione che vive ai margini della storia e per la quale lo stesso messaggio di Cristo stenta a manifestarsi; è l’Italia della paura, della miseria, della superstizione che coinvolge l’Autore in una drammatica e attenta analisi etnografica.
Dalla capra al cimitero, dai peperoni agli esorcismi, dal gabinetto di porcellana ai briganti, agli spazi infiniti dei monti lucani, Levi riesce a volare sull’intera regione, sulle sue valli aride, sui suoi fiumi pigri, sulle leggende dei fantasmi, pur rimanendo ancorato alla terrazza della sua casa dalla quale appena scorge il Timbone della Madonna degli Angeli “..come un osso di morto, la testa di un femore gigantesco”.
In Aliano, la corrispondenza tra luoghi raccontati e luoghi realmente esistenti è ancora strettissima ed attualissima al punto che, immergendosi negli ambienti lucani descritti dal Levi, si stenta a credere che sia trascorso più di mezzo secolo senza che questi abbiano apparentemente subito trasformazioni o alterazioni.
Apriamo oggi una finestra, una qualunque finestrina di legno sconquassato all’interno di una delle molteplici dimore di pietra di cui il paese è disseminato; osserviamo i panorami, i colori dei calanchi, le valli aride e misteriose; sembreranno ancora quadri dipinti ispirati alle pagine del testo; nessuna presenza umana, nessun segno di vita; lande desolate a perdita d’occhio estese fino agli orizzonti confusi con il cielo.
E’ sufficiente aggirarsi per il piccolo e nudo centro storico del paese ed aprire a caso i catenacci che sprangano i portoni sbrindellati delle vecchie case contadine per trovarsi come d’incanto all’interno delle pagine di Levi. Nulla è mutato, tutto sembra cristallizzato dalla polvere antica; i letti di ferro addossati alle pareti affumicate sembrano essere stati abbandonati ieri, in fretta, perché il burrone di argilla stava minacciandoli.
Quando ci si immerge nei vicoli per frugare con curiosità all’interno di antichi focolai abbandonati e sopra i balconi di pietra fatiscenti, da ogni lato, da ogni prospettiva, in ogni angolazione, si rileva un inquietante messaggio esoterico, una sorta di architettura animistica, una teoria silenziosa di sguardi attenti, di occhi torvi minacciosi; in ogni angolo ci si sente osservati, spiati, ammoniti.
Sono le Case con gli occhi di Aliano. Piccole finestre come occhi maligni sottolineati da sopracciglia aggrottate dall’ondulazione del castagno tarlato, sormontano archi immensi che conferiscono alle case l’espressione di un ghigno demoniaco; scalinate di accesso che digrignano i denti fatti di scalini spezzati e che trasmettono alle abitazioni un’espressione grottesca; unica vera garanzia per tenere lontano il malocchio e gli spiriti malvagi.
E di spiriti e magia sono pieni i racconti di Levi quando riporta “Una notte…il vecchio tornava da Gaglianello…e aveva sentito in tutto il corpo una strana stanchezza, e aveva dovuto sedersi in terra, sul gradino di una cappelletta. Gli era stato poi impossibile alzarsi e proseguire: Qualcuno lo impediva: La notte era nera…ma dal burrone una voce bestiale lo chiamava per nome. Era un diavolo, installato là tra i morti, che gli vietava il passaggio”.
Il lettore interroghi i vecchi di Aliano, quelli che di domenica indossano la giacca e siedono allineati e composti sulla pietra del monumento ai caduti; indaghi nella loro memoria e con un pizzico di fortuna scoprirà che alcuni di essi avevano conosciuto personalmente Carlo Levi, scoprirà che tra i loro parenti vi era stato un brigante morto ammazzato dalla Guardia nazionale; ed ancora indaghi il lettore tra le finestre socchiuse delle casette di pietra e cerchi le fattucchiere come la vecchia di Carlo Levi: “la vecchia era una strega, e le avveniva spesso di conversare con le anime dei morti, di incontrare monachicchi, e di intrattenersi con dei veri diavoli, nel cimitero…era una contadina magra, pulita e di buon umore”. Ve ne sono!..ve ne sono ancora!.
Ci si lasci trasportare con delicatezza dalle pagine del libro agli sfondi irreali del cielo, agli agrumeti, fin dentro i nascondigli mostruosi dei briganti, ciascuno porterà nel suo animo un’impronta nostalgica, quasi un sogno nel quale per un attimo sarà stato unico ed intenso protagonista.
Lodovico Alessandri